giovedì 29 novembre 2007

L’UTOPIA SEPARATISTA MERIDIONALE

OGGI L’ INDIPENDENZA TERRITORIALE E’ UNA PERICOLOSA UTOPIA, COME LE PRECEDENTI CHE FLAGELLARONO IL SUD: L'UNITA' NEL 1860 E LA REPUBBLICA PARTENOPEA DEL 1799

Spingere i meridionali verso l' utopia separatista, promettendo la terra promessa, è un modo per allontanarli dalla realtà e dalle opportunità concrete esistenti; una "giacobinata" di importazione leghista, che non può che portare ulteriori disastri al nostro sud, ben maggiori dello stato presente. I cambiamenti veri sono quelli che si fanno progressivamente nel tempo con azioni sul territorio meridionale. Il momento attuale è favorevole perchè il nord è un sistema vecchio, non solo demograficamente, ma anche moralmente (tangentopoli ne è una prova); l’ attuale immigrazione di stranieri extracomunitari lo porterà al tracollo perché il nord non ha la dimensione sufficiente, né una tradizione storica adatta per metabolizzare la presenza di culture straniere. E’ strano che dopo 150 anni di forzosa unione nel momento in cui maturavano i tempi per una alternanza meridionale alla egemonia padana, guarda caso ti tirano fuori la questione settentrionale e la voglia di indipendenza e alcuni sprovveduti meridionali ci vanno dietro, con il progetto complementare di secessione del sud.
L' utopia indipendentista è una fesseria in cui non crede neanche la lega, buona solo per depistare gli oppressi meridionali ansiosi di riscatto. Al sud chi sostiene tale idea è inconsapevolmente al servizio della lega, che si è dimostrata al momento il catalizzatore ed il valorizzatore dei peggiori sentimenti antimeridionali in circolazione. Guardando alla storia passata osserviamo incontestabilmente che ogni qualvolta gli intellettuali meridionali si sono lasciati ammaliare dalle utopie forestiere, si sono aperte delle crepe nella nostra società civile, che hanno aperto la porta ai nemici del nostro sud; inutile dire che il conto finale l’ ha pagato il popolo meridionale, più che gli intellettuali. Nella rivoluzione partenopea del 1799 per esempio, i liberi pensatori anelavano ad una costituenda Repubblica giacobina di stampo francese, piuttosto che alla conservazione di una monarchia autoctona basata sull’ alleanza del trono e dell’ altare; per far questo non esitarono a colpire i loro concittadini collaborando con lo straniero. I meridionali riuscirono da soli a liberarsi dell’ esercito francese, ma l’ utopia giacobina rimase insinuata e acquattata come un tarlo nel tessuto sociale meridionale, continuando a rodere la fiducia nelle invidiabili istituzioni autoctone, approfittando anche della politica perdonistica perseguita dai Borbone.
L’ utopia riprese vigore nel 1848 e da quella data in crescendo fino all’ anno fatale, rendendo desiderabile la dipendenza sotto la monarchia piemontese, piuttosto che la conservazione della indipendenza sotto la monarchia autoctona dei Borbone; a partire dal 1860 il popolo meridionale paga, per l’ insensatezza e la codardia dei “liberi pensatori” meridionali.
Dal 1946 finalmente liberi dal regime savoiardo, ci troviamo in una repubblica che ha consolidato la memoria storica di stampo risorgimentale, quindi dopo 150 anni, con i danni che ha provocato al sud, faticosamente metabolizzati al prezzo di una emigrazione biblica di meridionali, gli eredi di chi proponeva 150 anni fa l’ utopia unitarista, vengono ora a proporre il ritorno all’ indipendenza del sud… quanta tardiva bontà…. come se i danni materiali ed umani procurati nel corso di questi ultimi 150 anni al sud si potessero comodamente liquidare come parentesi storica o che ssò con un colpo di spugna.
L’ unità politica odierna per quanto basata su disparità, è più bella di qualsiasi utopia indipendentista, perché è una realtà modificabile dall’ interno con strumenti di cui già disponiamo, forse ci fà difetto la volontà e la consapevolezza della situazione, ma gli strumenti politici ci sono e sono a portata di mano qui ed ora nel 2007, in questa repubblica.


L’ utopia indipendentista meridionale, guarda caso benvista dalla lega, vuole contrabbandare una futura indipendenza meridionale con i diritti reali acquisiti nella repubblica presente ove rappresentiamo la maggioranza delle teste.
Il problema nasce sempre quando si baratta la realtà per una utopia; infatti l’ Unità d’ Italia era nel 1860 una utopia, giustamente da rifiutare a favore della indipendenza delle Due Sicilie che era una realtà legittimata dal consenso internazionale; nel 2007 il Regno d’ Italia retto dai savoia non esiste più, esiste una Repubblica estesa sull’ intero territorio una e indivisibile, come tale legittimata; respingere questa realtà per tornare alle Due Sicilie senza neanche le risorse di allora, si presenta oggi come una utopia; l’ esperienza del passato dovrebbe farci diffidare da questa utopia, poiché il rischio che ne deriverebbe è elevato; si avrebbe infatti l’ instabilità economica per i meridionali delle Due Sicilie, e parallelamente i meridionali al nord sarebbero scippati di colpo dei loro diritti costituendo una artificiale “minoranza etnica” al nord della penisola, non diversamente da come avvenne per gli ebrei italiani nel 1936 all’ indomani delle leggi razziali.
Se finora i meridionali stanziali sono rimasti freddi di fronte al messaggio neoborbonico ciò è dovuto proprio all’ equivoco di non aver dichiarato la rinuncia alla separazione territoriale e la rinuncia alla restaurazione monarchica.
Malgrado l' equivoco generato dalla definizione non possiamo non dirci neoborbonici per rimarcare il legame con il nostro passato. Il valore della memoria storica è questo, aiutarci a non ripetere gli errori del passato; nello specifico non credere nelle utopie che sacrificano lo stato presente magnificando il futuro.

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