(ansa.it) BRESCIA - Quella scaturita dai mutui subprime Usa "non è una crisi ma sono turbamenti" dei mercati finanziari internazionali, secondo il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi e l'Italia subisce danni minori rispetto alle vicissitudini degli anni '80 e '90 grazie allo "'scudo dell'euro". Per crescere stabilmente il nostro paese deve tuttavia risolvere il problema del Sud Italia che rappresenta "un freno". Draghi interviene per la prima volta in maniera esplicita sulle turbolenze dei mercati finanziari e spiega così che si tratta di momenti difficili ma di non voler utilizzare la parola "crisi".
A confortare il governatore anche i dati che arrivano dai bilanci semestrali diffusi dalle banche in questi giorni che mostrano esposizioni, dirette e indirette, nel settore molto limitate. Danni, come ha spiegato il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo Giovanni Bazoli possono giungere "dall'onda lunga" che arriva sul sistema economico. L'occasione per fare il punto sulla situazione è stata fornita dal convegno organizzato dall'università di Brescia in memoria dell'economista Riccardo Faini, scomparso di recente, che con Draghi ha condiviso esperienze professionali e umane ricoprendo incarichi presso l'Fmi e la Banca Mondiale.
L'aula magna della facoltà di economia si riempie di accademici e ricercatori amici del professore tra cui un emozionato Francesco Giavazzi, Tito Boeri e i principali esponenti dell'esteso panorama bancario bresciano a partire dal presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo Giovanni Bazoli, dei vertici di Ubi Banca Emilio Zanetti e Gino Trombi e dal presidente dell'Abi Corrado Faissola. Anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano manda un messaggio.
A questi Draghi cita le riflessioni e le tesi di Faini tra cui quella dei vantaggi dell'adesione alla moneta unica: "pensate cosa sarebbe successo - spiega il governatore - se non ci fosse stato l'euro di fronte agli attuali turbamenti, non la chiamerei crisi, dei mercati finanziari internazionali". Così come l'economista Draghi ritiene che "l'adozione dell'euro non abbia giocato alcun ruolo nei difetti di crescita, produttività e competitività dell'economia italiana. Al contrario effetti positivi sono scaturiti dalla minore variabilità del cambio e, possiamo aggiungere soprattutto oggi, dallo scudo offerto dall'euro nei confronti delle turbolenze finanziarie sui mercati internazionali".
Ma il governatore, traendo spunto dai lavori di Faini sul Mezzogiorno e sulle politiche del lavoro, affronta due altri grandi temi: il decollo del Sud Italia e l'istruzione. Due temi necessari per dare all'Italia quella "crescita di lungo periodo soddisfacente essenziale per l'economia italiana", "non solo per gli ovvi riflessi sulla occupazione e sui redditi ma anche per ridurre la rilevanza economica del debito pubblico e quindi per accrescere la stabilità finanziaria". A frenare l'Italia su questo cammino è così innanzitutto il divario del Sud con il Centro Nord che "frena anche il resto del Paese".
Per Draghi al Mezzogiorno "é più ampio il divario fra risorse disponibili, soprattutto umane, e risultati conseguiti; è più elevato il potenziale di crescita. L'esistenza di un'area così estesa e popolata con un reddito pro-capite pari a meno del 60% di quello del Centro Nord frena anche il resto del paese, ne acuisce i problemi non solo economici". Infine l'istruzione, "leva di primaria importanza per aumentare il potenziale di crescita" dell'economia italiana cui deve peraltro corrispondere una domanda di manodopera qualificata da parte delle imprese con l'instaurazione di un circolo vizioso. Un processo che, riconosce Draghi "sta cambiando" e guarda caso le imprese che assumono lavoratori più istruiti sono quelle con risultati migliori.
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